Il recente caso del latte in polvere Lactalis con Salmonella incorporata mi ha  convinto a scrivere queste due righe per ricordarci l’importanza di essere sempre vigili sui cibi che consumiamo e sui rischi a cui ci espone l’industria agroalimentare. Non a caso arrivo dalla lettura di uno splendido (quanto inquietante) libro che descrive molto bene le peggiori frodi alimentari degli ultimi tempi. In Italiano il libro si intitola “Siete pazzi a mangiarlo” ed è stato scritto da  Cristophe Brusset, ingegnere che ha lavorato per anni  nelle multinazionali del cibo. Senza entrare troppo nei meccanismi contorti dell’industria alimentare vorrei brevemente fare chiarezza su quelli che sono i principali contaminanti dei nostri cibi.
Per prima cosa vorrei ricordare che esistono due grandi categorie di sostanze che possono contaminare il nostro cibo: i contaminanti microbiologici e quelli chimici
I contaminanti microbiologici  sono microorganismi come batteri e funghi che vivono nel nostro ambiente. I più comuni sono la Salmonella (guarda un po’ chi si rivede!), Escherichia Coli o i norovirus. Le infezioni possono dare debolezza, mal di testa, nausea vomito e diarrea e dipendono dalla carica batterica (erroneamente) assunta. Di solito i sintomi sono gestibili ma in alcuni casi, soprattutto la Salmonella, possono causare forme più gravi ( vedi il caso del banchetto di nozze a Napoli). Questo tipo di contaminazione può essere però prevenuta da una buona igiene e dalla corretta metodologia nella preparazione alimentare: il caso del latte in polvere inquinato da Salmonella è quindi indicativo di un errore nella preparazione del prodotto e non nella qualità del latte di partenza. Un sottogruppo di contaminanti naturali sono le tossine microbiche o fungine,  sostanze prodotte da organismi viventi come microbi o funghi. Oggi si parla molto di aflatossina, un tipo di tossina prodotta dal fungo Aspergillus. Si sviluppa spesso nei cereali in climi umidi o durante il processo di stoccaggio se il prodotto non è stato essiccato bene e può dare danni al fegato. Anche la tossina botulinica, a volte tristemente presente nelle conserve fatte in casa o nei sottovuoto fa parte di questa categoria (la cronaca spesso riporta casi in proposito).
La contaminazione chimica è invece è dovuta a sostanze relative alle attività umane. Sono un buon esempio i pesticidi nelle verdure o gli antibiotici nei prodotti lattiero caseari. La certificazione di alimento biologico protegge un po’ contro l’uso indiscriminato di queste sostanze, che in Europa sono sottoposte a stretto controllo mentre in Cina o nei paesi in via di sviluppo vengono usate senza scrupolo per aumentare la produzione vegetale ed animale. Purtroppo nella contaminazione chimica rientrano spesso tutti i casi più famosi si frode alimentare. E’ il caso è il caso del colorante rosso Sudan nel peperoncino ad esempio. I coloranti sono sostanze che conferiscono un colore ad un alimento e che vengono usati largamente nell’industria alimentare per rendere  più appetibili  i prodotti che il consumatore acquista o per mascherare una scarsa qualità  del prodotto stesso ( e dopo aver letto il libro di Brusset vi accorgerete che questo succede più spesso di quanto si pensi). I coloranti impiegati come additivi alimentari sono classificati con le sigle che vanno da  E100 fino a E199 e sono divisi in gruppi di 10. Fra questi c’è il colorante rosso  Sudan (ne esistono 4 tipi) normalmente utilizzato nelle industrie che lavorano materiale tessile e plastico. il Sudan rosso non dovrebbe essere utilizzato nell’industria alimentare in quanto è considerato cancerogeno e genotossico  (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, IARC). Purtroppo risulta molto utilizzato per dare colore alle spezie, soprattutto curry e peperoncino (vedi Il caso ‘Sudan’  scoppiato in Francia nel maggio del 2003)

Insomma , occorre fare estrema attenzione quando acquistiamo  prodotti alimentari, soprattutto tutti quelli che presentano un certo grado di lavorazione. Per fortuna spesso in questo campo i giornalisti con le loro notizie scoop ed inchieste ci aiutano a conoscere cosa finisce nei nostri piatti.

L’acquisto consapevole rimane la migliore arma che noi poveri consumatori abbiamo per difendere la nostra salute