Non credo alla moda ma è un dato di fatto che oggigiorno una percentuale sempre più alta di persone manifesti dei disturbi intestinali come gonfiori, tensione addominale e molti altri sintomi di malessere generico in seguito all’ingestione di latte e dei suoi derivati, definendosi genericamente intollerante ai latticini.
Secondo una recente indagine condotta in Italia su 20.000 persone, sei donne su dieci sono intolleranti al latte, mentre negli uomini la percentuale si abbassa a cinque soggetti su dieci (http://www.riza.it/dieta-e-salute/intolleranze/2107/intolleranza-al-latte-cos-e-e-come-scegliere-i-giusti-alimenti-sostitutivi.html). La cosiddetta intolleranza ai latticini comprende però due patologie ben distinte: da una parte l’intolleranza al lattosio, uno zucchero presente nel latte, dall’altra una intolleranza alle proteine presenti nel latte. Le due patologie presentano caratteristiche ben diverse.
L’intolleranza al lattosio. Si tratta di una situazione di deficienza o carenza di un enzima, chiamato lattasi, deputato alla scissione del lattosio nei due zuccheri che lo costituiscono: il galattosio ed il glucosio. Si tratta quindi di un problema che non riguarda il sistema immunitario. La reazione è genericamente quella del mal di pancia o scariche diarroiche ed è proporzionale alla quantità di latte ingerito. Spesso si tratta di un difetto genetico che causa una carenza o una riduzione di questi enzimi. Per questo motivo l’intolleranza al lattosio ha una sua distribuzione geografica e risulta più diffuso tra gli asiatici e gli orientali che fra gli europei. Inoltre, l’ enzima lattasi è inducibile, cioè viene prodotto in base alla quantità di lattosio che si consuma: quindi può accadere che individui che assumono pochi latticini abbiano più difficoltà a digerirli in caso di quantità maggiori, solo per una questione di abitudine. Nel caso di deficienza di lattosio, è consigliato l’utilizzo di latte o prodotti senza lattosio (latte ad alta digeribilità latte delattosato) o mangiare formaggi stagionati (tipo grana, in cui il lattosio è stato consumato) o yogurt.
Un altro discorso invece è rappresentato dall’intolleranza alle proteine del latte. In questo caso infatti è presente una vera e propria reazione del sistema immunitario nel caso in cui il nostro organismo riveli la presenza di tali componenti nell’intestino. Le proteine del latte possono causare sia una reazione allergica sia tutti i sintomi della infiammazione da cibo, che vanno dal meteorismo all’emicrania, dall’artrite al reflusso, dalla diarrea alla dermatite. Si tratta di una reazione che non dipende dalla dose di latticini introdotta nell’organismo, in quanto possono bastare piccole quantità di latticini per scatenare la reazione. In questo caso occorre eliminare i latticini in un primo periodo (quello della reazione acuta) per poi provare lentamente a reintrodurli in particolari periodi (meglio di riposo e non di stress).
Nel caso di intollerenza alle proteine del latte, il trattamento con fermenti lattici (probiotici) può essere di grande utilità, soprattutto per contrastare eventuali disbiosi che possono essersi create nell’intestino. La colonizzazione intestinale con i probiotici serve poco nel caso di intolleranza al lattosio.
Infine, anche i sistemi diagnostici per identificare le due patologie sono diverse: l’intolleranza al lattosio viene normalmente diagnosticata con il Breath test, mentre l’intolleranza alle proteine del latte tramite comuni test per le intolleranze (disponibili anche in farmacie) fra cui uno dei più noti è il Recaller Program.
In generale, le persone genericamente intolleranti al latte possono usare senza controindicazioni latte di soia o di mandorle (quello di riso o avena è un po’ basso come contenuto di proteine) spesso arricchiti in calcio, per prevenire carenze di questo prezioso minerale.
Dott. Paola Griseri