La storia di Seamus Mullen, riportata da ” The Telegraph” , si aggiunge a numerose evidenze scientifiche che hanno messo in evidenza un legame molto stretto fra alimentazione e malattie autoimmuni.  Seamus Muller è un famoso chef di New York che a 33 anni si è ammalato di una fortissima forma di Artrite Reumatoide (una malattia autoimmune che colpisce articolazioni ossee ma che può facilmente dare una infiammazione sistemica estesa a tutto l’organismo), talmente grave da farlo ricoverare per 14 volte al pronto soccorso fra il 2004 ed il 2007. Quando i dottori, seguendo la medicina tradizionale, sembravano aver gettato la spugna e consigliargli solo rimedi palliativi (neanche troppo funzionanti), Muller incontra il dott. Lipman, medico tradizionale ormai disilluso dalla medicina convenzionale per il trattamento delle malattie croniche. Il Dott. Lipman ha messo insieme tutti i punti apparentemente sconnessi della storia di Seamus e gli ha suggerito di iniziare un percorso di riabilitazione alimentare. Proprio Seamus, bravissimo e famoso chef, a causa del troppo lavoro aveva completamente trascurato la sua alimentazione; infatti non faceva veri e propri pasti ma viveva tutto il giorno bevendo caffè ed assaggiando le sue creazioni. Il Dott. Lipman ha rimesso ordine nella sua alimentazione, prescrivendo orari e tempi in cui mangiare e suggerendo una dieta senza cibi raffinati, zuccheri e glutine. Nella dieta di Seamus sono state aumentate le quantità di verdure fresca, pesce e carne, con particolare attenzione al contenuto di omega 3. Il piano alimentare è stato poi affiancato da un corretto trattamento del microbiota intestinale, in forte disequilibrio a causa dello sviluppo di batteri e miceti opportunistici. Anche se Lipman molto professionalmente sostiene che il trattamento in questione può non andare bene per tutti, questi suggerimenti sono in accordo con le linee guida di due famose diete per il trattamento delle malattie autoimmuni e infiammatorie: la dieta Seignalet e la dieta Kousmine , a testimonianza di come , se la malattia è sempre indice di uno squilibrio, un corretto stile di vita può fare la differenza

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