
Negli ultimi anni alcune persone dopo i pasti mostrano una serie di reazioni avverse ai cibi come gonfiore addominale, stanchezza, crampi, stipsi o diarrea. Molti identificano questi sintomi come sindrome del colon irritabile o come specifiche intolleranze al latte o al glutine. In realtà in molti casi si tratta di un quadro leggermente più complesso in cui togliere il glutine o i latticini non è sufficiente. In soggetti sensibili alcuni carboidrati a corta catena come oligosaccaridi, di- o monosoccaridi, e polioli contenuti nei cibi possono non essere digeriti bene o non essere assorbiti dall’intestino tenue. Questi carboidrati hanno una elevata proprietà osmotica, cioè attirano acqua nel tratto intestinale, e se permangono nel colon possono essere la causa dei fastidiosi sintomi riscontrati in molte persone. Una dieta a basso contenuto di queste sostanze può contribuire a ridurre i sintomi, che sono strettamente correlati a quelli tipici della sindrome del colon irritabile; questo approccio dietetico viene infatti sempre più spesso proposto a numerosi pazienti in modo da aiutarli a gestire meglio le fasi più acute della sindrome. Contrariamente alle diete prive i glutine o latticini questa dieta limita anche alcune fibre, poiché certi alimenti sono particolarmente ricchi di carboidrati a catena corta (cavoli, mele etc).
In genere il protocollo è lungo e spesso difficile da seguire; nella prima fase si eliminano i cibi ricchi di carboidrati a catena corta, che in seguito vengono gradualmente reintrodotti. Il risultato sarà quello di capire quali cibi e in che quantità sono accettati dall’intestino, premettendo che esiste una forte variabilità individuale. Si tratta di un protocollo lungo, ma con pazienza e costanza i risultati in termini di qualità della vita possono essere realmente notevoli.