I disturbi correlati al glutine stanno assumendo sempre più importanza sul piano epidemiologico con una prevalenza globale stimata intorno al 5%.
La celiachia, l’ allergia al frumento e la sensibilità al glutine non celiaca rappresentano i tre principali disturbi correlati al glutine. Mentre le manifestazioni cliniche possono essere simili in questi disturbi, le vie patogenetiche coinvolte nel loro sviluppo sono diverse. In particolare, la celiachia e l’allergia al grano sono stati ampiamente studiati, mentre la sensibilità al glutine non celiaca è un’entità clinica relativamente nuova, che si ritiene essere strettamente legata ad altre sindromi funzionali gastrointestinali.
Il glutine è la principale proteina strutturale di frumento, composto da due frazioni principali a seconda della loro solubilità: le gliadine solubili monomeriche (classificate secondo le loro strutture primarie in tipi alfa / beta, gamma e omega) e le glutenine scarsamente solubili, che sono suddivisi in alto peso molecolare (HMW) e basso peso molecolare (LMW) subunità. Proteine omologhe sono state trovate in segale e orzo.
Nella malattia celiaca (CD) la reazione autoimmune è innescata dai peptidi derivati dal glutine ed è localizzata nel piccolo intestino, dove porta alla enteropatia e sindrome di malassorbimento classica. Dal punto di vista sierologico, l’esame diagnostico di eccellenza per la celiachia è l’aumento di anticorpi IgA anti-transglutaminase (TTG).
L’allergia al frumento (WA) rappresenta un altro tipo di reazione avversa immunologica a diverse proteine contenute nel frumento e cereali correlati (non solo il glutine), con diverse presentazioni cliniche a seconda della via di esposizione. In questo contesto, gli anticorpi immunoglobuline E (IgE) mediano la risposta infiammatoria a diverse proteine allergeniche come l’alfa-amilasi / inibitore della tripsina, non specifica proteina di trasferimento dei lipidi (nsLTP), gliadine, HMW glutenine. L’allergia al frumento è una classica allergia alimentare.
Esiste poi la sindrome del colon irritabile, che colpisce 10 persone su 100, con intensità variabile, ed è caratterizzata da dolori addominali, gonfiore e produzione di gas. In generale sono più colpite le donne ed in Italia è chiamata colloquialmente «colite». Sebbene la sua origine sia ancora piuttosto oscura, è ormai assodato che chi ne soffre trae giovamento da una dieta priva di una gamma di molecole che è raggruppata sotto l’acronimo FODMAP, che sta per «Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili». Insomma, carboidrati difficili da digerire presenti nei cereali, ma anche in alimenti come il latte, le mele, le cipolle e molti altri. Questi carboidrati diventano il banchetto per la loro flora intestinale, con conseguente fermentazione, produzione di gas e di acidi grassi. Una dieta che escluda questi carboidrati riesce ad alleviare i sintomi di chi soffre di sindrome del colon irritabile, cosa che invece non può fare totalmente una dieta senza glutine perché non esclude altre possibili fonti che scatenano la reazione.
In conclusione quindi la diagnosi di malattia celiaca e allergia al grano si basa su una combinazione di risultati della storia clinica del paziente e test specifici, tra cui la sierologia e biopsie duodenali in caso di malattia celiaca, o di laboratorio e test funzionali per allergia al grano. Invece la sensibilità al glutine non celiaca è ancora principalmente una diagnosi di esclusione, in assenza di criteri diagnostici netta.
FONTI:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26109797
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/08/vade-retro-glutine/